Una protesta civile

Il Capo dello Stato aveva rivolto un esplicito appello al Parlamento per far si che venisse votata una legge elettorale condivisa. Questo alto senso di responsabilità istituzionale a cui si è attenuto il Presidente Mattarella non sembra essere proprio delle principali forse politiche, le quali non mettono l’interesse democratico del Paese prima di tutto. Il movimento 5 stelle possiede giuste ragioni di protestare contro l’utilizzo del voto di fiducia, ma questo movimento non ha mai però mostrato una qualche forma di apertura attendibile al dialogo. Se il presupposto del movimento di Grillo e Casaleggio è che tutte le forze politiche siano corrotte ed incapaci, anche la stesura della legge elettorale deve rispondere a tale enunciato ed è quello che si preparano a dire nelle piazze da qui al voto. A maggior ragione il governo, in particolare l’onorevole Gentiloni, avrebbe dovuto evitare di farsi dipingere come Mussolini al tempo della legge Acerbo, perché nel momento nel quale impone la fiducia ecco che viene meno il libero esercizio del Parlamento su una prerogativa fondamentale per la democrazia quale la legge elettorale. Nello specifico, bisogna poi aggiungere che i 130 emendamenti presentati dai deputati 5 stelle giustificano persino la scelta del governo che sente il bisogno di fare in fretta dopo aver dormito per mesi. Se poi si esamina il testo elaborato dalla commissione, dove vi sono palesi elementi di incostituzionalità, viene quasi da penare che 130 emendamenti potrebbero essere ancora pochi. Davanti ad un tale quadro disastrato che accompagna inevitabilmente la convulsa conclusione di una legislatura infelice i repubblicani devono elevare una protesta civile nei confronti del Capo dello Stato e del Capo del governo per il metodo di votazione e non ci uniamo a chi strumentalmente va nelle piazze dopo aver mostrato sempre disprezzo per il Parlamento.

Roma, 11 ottobre 2017